
QUANDO L'AMORE FATTO D'ISTANTI, DIVENTA UN AMORE DISTANTE.
A me, ai miei pazienti, a chi ha paura di amare e tutti quelli che amano seppur a fatica.

Lo chiamano Gosthing, la chiamano fine, lo chiamano tradimento, separazione o pausa, l'unica verità e che all'improvviso quei corpi non si abitano più, quella casa non ha più quei due odori che si mescolavano alla perfezione e quel letto diventa d'improvviso troppo spazioso. Non si sentono più le risate, le litigate, tutto diventa un po' più vuoto compreso il cuore. Rimangono quei ricordi chiusi in un cassetto che si stenta a riaprire.
Perché si soffre tanto ogni volta che una storia finisce? Cosa ci rende cosi fragili e vulnerabili da accartocciarci nel letto sotto una coperta pensando solo a ciò che non si ha più? Io non so rispondere né come donna né come terapeuta, non esiste una risposta secca, univoca. Si soffre per tanti motivi, a volte perché l'amore si vive come un bisogno, altre perché la ferita arcaica dell'abbandono è troppo grande altre ancora perché d'improvviso tutto cambia e si entra in contatto con la solitudine o forse per tutte queste e per tante altre ancora. Quando uomini e donne si siedono sulla poltrona davanti a me, per un amore finito a parlare sono le loro lacrime, cariche di emozioni, solo qualche parola viene singhiozzata qua e la. Allora mi fermo e ascolto quel dolore che risuonerebbe inevitabilmente in ogni terapeuta. Poi d'incanto arriva la magia, il sintonizzarsi sullo stesso dolore a distanza di bastone, e si comincia a navigare quell'inferno" di emozioni.
Mi sono chiesta tante volte sia per me sia per tutte quelle storie che ascolto, come mai l'amore che dovrebbe essere una cosa facile e piacevole poi spesso porta dolore.
Beh, Bauman parla di amore liquido, Fromm ci parla dell'arte di amare, ma alla fine è come se sull'amore facessimo fatica a comprenderne il vero significato, come se avessimo paura della piena fusione che questo sentimento provoca. Quando penso all'amore tra due persone, immediatamente penso a quattro parole cardine, rispetto, sincerità, comunicazione e passione. Spesso le storie d'amore faticano a decollare, si, a spiccare il volo mi piace immaginarlo metaforicamente così l'amore, o a mantenersi nel tempo perché mancano alcuni di questi pilastri. Spesso usiamo la parola Amore senza cognizione di fatto, all'inizio due persone si attraggano, a causa della chimica? di corpi belli? di sguardi? Forse per tutto questo? Dopo l'incontro iniziano a liberarsi ormoni come dopamina e serotonina, gli ormoni della felicità, e l'ossitocina l'ormone dell'amore, che sono fondamentali nel ricercare sessualmente il proprio partner, poi inizia la fase dell'innamoramento che dura suppergiù sei mesi. Dopo un anno comincia la salita e secondo me è proprio lì che inizia l'amore. Avrò una visione forse troppo romantica ma la definirei anche abbastanza consapevole, per me l'amore si vede nella salita non in discesa, l'amore è la capacità di sapersi tenere, senza strangolarsi, soffocarsi, l'amore dovrebbe creare Legàmi e non un lègami. Una giusta fusione, nella sessualità, nell'intimità, nella quotidianità, che però possa conservare indipendenza, dove ognuno può continuare a svolgere le sue abitudini, hobby, partite di calcetto con gli amici....
Manca il mistero oggi giorno nell'amore, si pensa spesso a fare fantasie catastrofiche sul come finirà questa storia prima di cominciarla, si vive tutto intorno al sesso sopravalutandolo, scordandosi l'intimità che rende poi la sessualità nella coppia di buona qualità, si pensa a scegliere un partner per bisogno, talvolta economico, si sceglie di avere delle relazioni per colmare la solitudine....
Ma se ragionassimo in maniera semplice e lineare e immaginassimo le relazioni come un costruire insieme, come uno IO + TU che diventa un NOI?
La parola NOI è così bella da pronunciare, ha un che di leggerezza ed unione che fa battere il cuore e fa sorridere occhi e bocca, sa di intimità e complicità ha davvero il sapore del sostenersi qualunque cosa accada ne bene e nel male senza aver bisogno di un anello al dito.
Dott.ssa Nicoletta Emola Bartollino
IO L'ALTRO ME E IL COVID-19
Una triangolazione DI[co]struttiva!
(Erich Fromm)

Sono giorni che i media rimbalzano notizie di morti, di contagi fuori controllo. La reclusione sembra essere l'unica via di salvezza per non contrarre il virus. Le restrizioni, l'isolamento, la quarantena sono tutte strategie utili e mi viene da aggiungere anche le sole per fronteggiare questa emergenza.
Quello che mi sono chiesta in questi giorni è: "le persone sono in grado di rimanere cosi tanto tempo da sole e di conseguenza con sé stesse? Cosa sta accadendo alle persone? Due sono le reazioni tipiche di questo periodo, osservare le regole o infrangerle completamente.
Psicologicamente e non solo, la popolazione si è trovata ad assorbire un duro colpo, regole ferree, divieto di uscita se non per necessità, limitazione dei rapporti sociali, sentimentali, affettivi, oltre ad una completa modifica dello stile di vita tra cui anche l'astensione dal lavoro.
Tutti noi abbiamo subito un grande lutto, tra cui anche quello economico in molti casi, abbiamo perso le nostre solite abitudini, i nostri rituali durante la giornata, in poche parole abbiamo perso la nostra libertà. L'essere umano, un "corpomente", come lo definisce Osho è fortunato, in quanto è plastico, il cervello è una spugna modellabile e la nostra mappa celebrale si aggiorna continuamente. Secondo Maltz, sono necessari 21 giorni per creare un'abitudine e studi più recenti affermano che per mantenerla ce ne vogliono 66.
Quando tutto finirà in molti riconosceranno questo utile periodo di contatto estremo con sé stessi, ma prima che ciò avvenga passeranno giornate burrascose in preda alla noia, all'impazienza, alla rabbia, alla frustrazione, ad attacchi d'ansia e panico, a momenti nostalgici e di tristezza e in ultimo forse alla speranza che la nostra vita possa tornare come era prima!
Torneremo a vivere, ma non come prima, è impossibile. Ci saranno persone migliori ma anche peggiori, ci saranno le persone che si sono rassegnate e quelli che covano ancora rabbia.
La pandemia come viene definita, mi ha fatto pensare a qualcosa che abbiamo perso, ma anche a qualcosa che stiamo ritrovando, mi ha portato a contrapporre due concetti antitetici la morte e la rinascita. Ho adattato lo studio di Elisabeth Kuble Ross sull' elaborazione del lutto all'effetto COVID-19. Un lutto non è necessariamente legato alla morte di una persona, può essere la perdita di un lavoro, di un ruolo, un trauma, insomma la perdita qualunque cosa a noi cara!
Elisabeth Kuble Ross si dedicò allo studio dell'elaborazione del lutto e individuò 5 fasi necessarie da attraversare per risolvere il lutto.
La Prima fase è quello dello shock- negazione.
In questa fase vi è la sensazione di incredulità, accompagnata da una paura negata, quanti di noi hanno sminuito tutto all'inizio dell'isolamento forzato?
Si tende a negare sempre qualcosa che fa paura.
La seconda fase è quella che vede come protagonisti la rabbia e il desiderio di ribellione:
La nostra vita cambia all'improvviso si esce solo per necessità, spesa, farmacia, i negozi iniziano a chiudere un po' alla volta, le scuole vengono chiuse, le fabbriche e il lavoro per alcuni viene meno.
Non si tratta più solo di rimanere in casa, per molti italiani si delinea all'orizzonte anche il danno economico e non sono rassicurati da indennizzi e casse integrazioni. Si circola con mascherine e guanti ci viene vietato di passeggiare e incontrare persone. Le misure restrittive come salvavita, ma la rabbia acceca e scatta il desiderio di ribellione, le persone continuano ad uscire senza calcolare i rischi per sé stessi e terzi.
Fase tre, Negoziazione.
I contagi iniziano ad aumentare le persone si rendono conto della gravità della situazione, e si comincia il percorso rassicurante delle spiegazioni, delle soluzioni. Questa è anche la fase della razionalizzazione della paura.
Fase della depressione e Resa
Ci si rende conto che si è impotenti, che le misure restrittive sono più che necessarie per arginare il contagio, un nemico invisibile, tra portatori sani e le terapie intensive al collasso. In questa fase ci si affida spesso al divino ad un'entità superiore che possa proteggere e illuminare il cammino.
L'ultima fase è quella dell'accettazione-speranza
Rimanere in casa è diventata un'abitudine ormai per molto, i ribelli esistono, si adottano strategie di vita nuova, ci si concentra sulla cucina, sugli hobby, si cerca di sperare il meglio e si spera che tutto andrà bene!
La parola che mi viene in mente per superare tutto questo è Accettazione, prima accettiamo questa paradossale situazione e prima ne usciremo vivi e senza andare fuori di testa.
Riscopriamo le nostre radici dedichiamoci ai rapporti sani, riscopriamo chi siamo, utilizziamo al meglio questa "vacanza "con noi stessi in tempo di crisi.
Voglio concludere con uno stralcio di Albert Einstein: ".....La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall'angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce le proprie sconfitte e i propri errori alla crisi, violenta il proprio talento e mostra maggior interesse per i problemi piuttosto che per le soluzioni. La vera crisi è l'incompetenza. Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare soluzioni.Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora; senza crisi qualsiasi vento diventa una brezza leggera. Parlare di crisi significa promuoverla; non parlarne significa esaltare il conformismo. Cerchiamo di lavorare sodo, invece. Smettiamola, una volta per tutte, l'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla."
DONNE CHE NON SI AMANO TROPPO
La violenza sulle donne, dall'abuso alla violenza psicologica.
Provo ad immaginare il vissuto di queste donne soggiogate a relazioni violente e le emozioni che le pervadono nella loro impotenza. Subire senza potersi ribellare perché sole, il nostro sistema giuridico prevede infatti una denuncia ma non un assicura una protezione immediata nel momento successivo ad essa. Ci sono strutture che si occupano di ospitarle ma spesso i tempi sono lunghi e in questo frangente di tempo queste donne sono senza alcuna protezione. Ho immaginato la sensazione di paura nel veder tornare il proprio partner e subire maltrattamenti fisici, abusi verbali, psicologici e sessuali. Da psicoterapeuta e non solo, soprattutto da donna spesso mi fermo a pensare a cosa succede a questi uomini che si trasformano in "bestie" e non li soprannomino così in senso offensivo ma perché sono molto colpita dalla loro improvvisa e repentina trasformazione in uomini completamente in preda agli istinti.
Sono impregnati dal forte senso del dominio, dal potere, dalla rabbia e dall'aggressività che spesso li porta a compiere atti estremi fino ad arrivare ad uccidere. Mi chiedo sempre da cosa scaturisca tutto questo, l'unica spiegazione che riesco a dare è quella di spulciare nel loro vissuto emotivo, esplorare il loro forte senso di insicurezza, la paura dell'abbandono e la paura del tradimento inteso in senso più ampio e non solo sessuale.
Questo non vuol dire che io li gustifichi !
Credo fortemente che nelle relazioni pericolose spesso ciò che rende possibile tutto questo sia un perfetto incastro relazionale, diversamente accade alle vittime di stupro in quanto si innescano dinamiche diverse come quella "del gatto e topo". Non vanno condannate le donne affascinanti o poco vestite che indossano minigonne o scollature, è importante sentire la libertà di essere seduttive, di avere un potere di fascinazione, di curarsi, di indossare un rossetto rosso e tacchi vertiginosi. Tutto questo non va scambiato per "eh si ma se quella si veste cosi ci sta" e questo non da il diritto a nessun uomo di prendere una donna con forza e farne ciò che vuole.
Tornando al concetto di incastro relazionale in una coppia credo che vittime e carnefici si incontrino e instaurino una relazione perché hanno dei vissuti personali dove ci sono state delle mancanze che nel corso vita si sono automaticamente sviluppate in bisogni. Ci sono coppie che spesso sono legate dal denaro o dalla paura della solitudine !
Per esempio se da bambini si era molto popolari e si aveva l'ammirazione e l'approvazione di tutti crescendo ci si è inevitabilmente imbattuti nella frustrazione di non poter avere tutto questo, contattando così il senso di inadeguatezza, un autostima bassa e quindi la futura donna vedrà le relazioni interpersonali come, l'amore, i legami, il lavoro e l'amicizia come bisogni e non solo come mero piacere di condivisione e nutrizione. Questi meccanismi scattano anche negli uomini. Siamo tutti individui che si portano dietro un bagaglio di vita ed emotivo che spesso hanno provocato una ferita narcisistica.
Quando avviene l'incontro tra due persone ferite e con dei bisogni elevati, non si rispetta la distanza ed il confine di una propria individualità.
Ad un livello più profondo ciò che spinge le donne a rimanere in relazioni scomode e pericolose a volte è il pensiero di poter rimanere sole, altre il forte desiderio di essere apprezzate, ammirate per paura di non poter essere attraenti per nessuno e credono che non possano permettersi uomini migliori. Suona un po' come un accontentarsi, non per la mancanza di ambizione ma, perché hanno paura di non essere belle o forse attraenti o forse intelligenti abbastanza.
Hanno paura di non essere all'altezza.
Questi uomini che hanno delle insicurezze che spesso sfociano nel patologico, capiscono che possono essere rispettati mettendo in atto condotte aggressive o comunque di potere e dominio sull'altro. Ecco che l'incastro relazionale è perfetto, la donna molto empatica e fragile con l'uomo con una tendenza narcisistica elevata, poiché i due bisogni si incontrano e si compensano.
Questa non è una critica ma un modo per spiegare che una soluzione c'è per mettersi in guardia da queste situazioni scomode che in maniera anche lieve e sottile saranno capitati ad ogni donna. E' molto difficile ribellarsi da sole, denunciare, scappare, perché spesso non si ha la forza in primis di lottare contro noi stessi e i nostri demoni, e per demoni intendo le paure, e di conseguenza farlo con l'altro è altrettanto difficoltoso.
Oltre alle storie personali i vissuti che spingono le donne a trovarsi ingarbugliate in queste relazioni è il forte senso di vergogna che si prova ad uscire allo scoperto, questo ha radici profonde relative allo sfondo socio culturale di appartenenza:
la donna è stata educata a evitare i giudizi della gente, l'eccessiva cultura sessista per la quale alle donne sono negati tanti diritti, dal lavoro alla vita privata.
Quello che mi colpisce molto è proprio questo spirito di sopportazione di alcune donne al dolore fisico e psichico inferto da queste relazioni prive di un equilibrio sano, oltre ad una spiccata tendenza a sminuire gli atti violenti e giustificare le azioni del proprio partner con la mera credenza di poterlo cambiare!
Le donne combattono con le proprie paure e non so dire con precisione cosa scatta in loro per poter riuscire a sopportare tutto questo. Immagino che non hanno avuto una vita facile sin dall'infanzia, che hanno avuto un gran vuoto d'amore, che in fin dei conti provano un amore malato che ha origine in rapporti di matrice simbiotica. Le ragioni potrebbero essere molteplici e credo fortemente che la denuncia, il poter parlare possa aiutare a fare un primo piccolo passo verso il cambiamento.
La frase che mi viene in mente è " Roma non è stata costruita in un giorno" e vorrei poter immaginare queste donne come delle formiche che costruiscono il loro rifugio come delle piccole operaie step by step con collaboratori fidati.
Parlare, uscire allo scoperto, scoprire il potenziale che c'è in ogni donna, la psicoterapia, i gruppi di aiuto, di consapevolezza e la condivisione con gli altri aiuta ad uscire da quel senso di vergogna che le donne vivono nel veder fallire le loro relazioni, rimanendo umiliate e soggiogate da questi uomini violenti.
C'è un libro belissimo di Robin Norwood dal titlo" Donne che Amano troppo" dal quale ho estrapolato questo stralcio:
"Quando essere innamorate significa soffrire tutto il tempo,stiamo amando troppo.
Quando giustifichiamo tutti i malumori,il cattivo carattere,l'indifferenza o li consideriamo conseguenze di un passato difficile e cerchiamo di diventare la sua terapista,stiamo amando troppo.
Quando leggiamo un saggio di psicanalisi e sottolineiamo tutti i passaggi che potrebbero aiutare lui,stiamo amando troppo
Quando siamo offesi dal suo comportamento ma pensiamo che sia colpa nostra perchè non siamo abbastanza attraenti,stiamo amando troppo.
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo e la nostra salute,stiamo amando troppo.
Quando essere innamorate significa soffrire,stiamo amando troppo."
Non possiamo cambiare gli uomini che abusano o che maltrattano, possiamo solo lavorare su chi siamo come donna e come mai ci si imbatte in queste situazioni che ingabbiano, concentrarsi sulla propria "responce ability", ossia sull'assunzione della responsabilità al cambiamento di se stessi, raggiungendo piccole dosi di consapevolezza giorno dopo giorno. Ogni volta che si parla della violenza contro le donne immaginiamo situazioni estreme, uomini che picchiano donne di cui sono innamorati o meglio apparentemente innamorati, uomini che uccidono, uomini che le soggiogano tenendole chiuse in casa e ci dimentichiamo quanto nelle relazioni quotidiane ci sono relazioni malsane che non portano alla morte diretta ma che uccidono lentamente.
Un uomo che sminuisce e tratta una donna come oggetto sessuale non è rispettoso
Un uomo che non rispetta la propria donna che è geloso da non farle avere una vita sociale non è rispettoso
Un uomo che ti picchia con le parole non è rispettoso
Un uomo che gioca con i sentimenti della propria donna non è rispettoso
Un uomo che disprezza che tradisce non è rispettoso
Un uomo che obbliga la propria donna ad avere rapporti sessuali non è rispettoso
In queste righe è ripetuta spesso la parola "non è rispettoso", quando sentiamo che qualcosa non va nei rapporti di lavoro, in quelli sentimentali e nei legami in genere, mettiamo da parte la vergogna, il senso di umiliazione e di inferiorità e rivolgiamoci a persone specializzate che possono dare supporto come medici, psicologi e psicoterapeuti.
Non aspettiamo che la frase "non è rispettoso" diventi "è un abuso"!
Ogni donna ha il diritto oltre che bisogno tutte di essere in contatto con le loro parti più profonde, dalle più oscure e tenebrose, che quindi ci spaventano alle più piacevoli che spesso vengono nascoste.
IL MESSAGGIO CHE VOGLIO MANDARE È NON ABBIATE PAURA DI GUARDARVI DENTRO!
Dott.ssa Bartollino Nicoletta Emola
Lo chiamano Gosthing, la chiamano fine, lo chiamano tradimento, separazione o pausa, l'unica verità e che all'improvviso quei corpi non si abitano più, quella casa non ha più quei due odori che si mescolavano alla perfezione e quel letto diventa d'improvviso troppo spazioso. Non si sentono più le risate, le litigate, tutto diventa un po' più vuoto compreso il cuore. Rimangono quei ricordi chiusi in un cassetto che si stenta a riaprire.
Perché si soffre tanto ogni volta che una storia finisce? Cosa ci rende cosi fragili e vulnerabili da accartocciarci nel letto sotto una coperta pensando solo a ciò che non si ha più? Io non so rispondere né come donna né come terapeuta, non esiste una risposta secca, univoca. Si soffre per tanti motivi, a volte perché l'amore si vive come un bisogno, altre perché la ferita arcaica dell'abbandono è troppo grande altre ancora perché d'improvviso tutto cambia e si entra in contatto con la solitudine o forse per tutte queste e per tante altre ancora. Quando uomini e donne si siedono sulla poltrona davanti a me, per un amore finito a parlare sono le loro lacrime, cariche di emozioni, solo qualche parola viene singhiozzata qua e la. Allora mi fermo e ascolto quel dolore che risuonerebbe inevitabilmente in ogni terapeuta. Poi d'incanto arriva la magia, il sintonizzarsi sullo stesso dolore a distanza di bastone, e si comincia a navigare quell'inferno" di emozioni.
Mi sono chiesta tante volte sia per me sia per tutte quelle storie che ascolto, come mai l'amore che dovrebbe essere una cosa facile e piacevole poi spesso porta dolore.
Beh, Bauman parla di amore liquido, Fromm ci parla dell'arte di amare, ma alla fine è come se sull'amore facessimo fatica a comprenderne il vero significato, come se avessimo paura della piena fusione che questo sentimento provoca. Quando penso all'amore tra due persone, immediatamente penso a quattro parole cardine, rispetto, sincerità, comunicazione e passione. Spesso le storie d'amore faticano a decollare, si, a spiccare il volo mi piace immaginarlo metaforicamente così l'amore, o a mantenersi nel tempo perché mancano alcuni di questi pilastri. Spesso usiamo la parola Amore senza cognizione di fatto, all'inizio due persone si attraggano, a causa della chimica? di corpi belli? di sguardi? Forse per tutto questo? Dopo l'incontro iniziano a liberarsi ormoni come dopamina e serotonina, gli ormoni della felicità, e l'ossitocina l'ormone dell'amore, che sono fondamentali nel ricercare sessualmente il proprio partner, poi inizia la fase dell'innamoramento che dura suppergiù sei mesi. Dopo un anno comincia la salita e secondo me è proprio lì che inizia l'amore. Avrò una visione forse troppo romantica ma la definirei anche abbastanza consapevole, per me l'amore si vede nella salita non in discesa, l'amore è la capacità di sapersi tenere, senza strangolarsi, soffocarsi, l'amore dovrebbe creare Legàmi e non un lègami. Una giusta fusione, nella sessualità, nell'intimità, nella quotidianità, che però possa conservare indipendenza, dove ognuno può continuare a svolgere le sue abitudini, hobby, partite di calcetto con gli amici....
Manca il mistero oggi giorno nell'amore, si pensa spesso a fare fantasie catastrofiche sul come finirà questa storia prima di cominciarla, si vive tutto intorno al sesso sopravalutandolo, scordandosi l'intimità che rende poi la sessualità nella coppia di buona qualità, si pensa a scegliere un partner per bisogno, talvolta economico, si sceglie di avere delle relazioni per colmare la solitudine....
Ma se ragionassimo in maniera semplice e lineare e immaginassimo le relazioni come un costruire insieme, come uno IO + TU che diventa un NOI?
La parola NOI è così bella da pronunciare, ha un che di leggerezza ed unione che fa battere il cuore e fa sorridere occhi e bocca, sa di intimità e complicità ha davvero il sapore del sostenersi qualunque cosa accada ne bene e nel male senza aver bisogno di un anello al dito.
Dott.ssa Nicoletta Emola Bartollino
SCIAMANESIMO E PSICOTERAPIA
PUNTI DI CONTATTO
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In questo articolo tratterò l'argomento dello sciamanesimo in relazione alla psicoterapia della Gestalt, trovando dei punti di contatto con la formazione dello psicoterapeuta della gestalt e lo sciamano. Entrambi in maniera diversa e metaforica passano attraverso una destrutturazione iniziando ad avere consapevolezza di sè stessi. Lo sciamano con molti più rituali legati alla vita estatica e il terapeuta in formazione con la psicoterapia individuale e o di gruppo e il suo percorso di formazione discendono nel proprio mondo interno.
Chi è lo sciamano?, da dove viene? e cosa fa?.
Verranno messi in evidenza i punti di contatto tra la gestalt e lo sciamanesimo senza assolutamente sovrapporre o confondere de due discipline.
Se si entra in uno stato di realtà non-ordinaria è solamente
per tirar fuori da lì ciò di cui abbiamo bisogno
per vedere l'aspetto miracoloso della realtà ordinaria.
Per me il modo di vivere, il sentiero con un cuore,
è la presenza nel mondo".
Carlos Castaneda
Lo sciamanismo è una delle più antiche pratiche spirituali ed è definito come un fenomeno magico religioso tipico del territorio siberiano e centroasiatico. Il termine sciamano deriva dalla popolazione tungusa della Siberia e letteralmente significa "colui che vede nel buio". Questa affermazione richiama il concetto di illuminazione sciamanica che non è altro che l'abilità di illuminare l'oscurità, e di vedere ciò che altri non possono scorgere. Lo sciamano essenzialmente è un uomo o una donna con particolari poteri spirituali. Questo personaggio è visto come un punto di riferimento all'interno delle loro popolazioni o dei loro clan. Talvolta nella cultura occidentale c'è un'attribuzione erronea alla figura dello sciamano, viene identificato come una persona che cura con le erbe o che vive isolato con rituali ed usanze strane, in realtà è uno stregone, un veggente, uomo magico o addirittura guaritore. Lo sciamano è tutto questo ma bisogna essere scaltri e diffidare da ciarlatani e fanatici. Questa persona divenuta sciamano, per avere tutte queste doti o almeno alcune ha faticato molto nella sua vita, spesso ha combattuto con una malattia e ha affrontato un duro addestramento sia fisico che psichico per conoscere se stesso. Ma chi è veramente uno sciamano e soprattutto cosa lo distingue da un altro uomo?
Quello che lo contraddistingue è la sua capacità di accedere volontariamente a stati di coscienza non ordinari dove possono scoprire mondi nuovi nei quali possono ricercare i poteri necessari per se stessi o per chi ha bisogno di guarigione, ecco perché viene viene definito lo specialista dell'animo umano; solo lui ne conosce la forma e il destino, in termini più tecnici è divenuto sciamano perché in grado di fare un esperienza estatica. Attraverso l'estasi si accede ad uno stato sciamanico di coscienza non ordinario(SSC), questo implica una trance dove lo sciamano prova una gioia ineffabile per ciò che vede e per i mondi meravigliosi e misteriosi che si aprono davanti a lui. Sembrano sogni ad occhi aperti nei quali può controllare e dirigere le sue azioni e avventure. Questo stato di coscienza non ordinario contrasta con lo stato di coscienza ordinario (SOC) al quale lo sciamano ritorna dopo aver compiuto il suo caratteristico lavoro. Anche Carlos Castaneda ci racconta di mondi ordinari e non ordinari, chiama "I anello del potere" il modo illusorio per rappresentare il nostro mondo che spesso lo interpretiamo come unico oggettivo e reale. L'autore definisce Tonal la realtà ordinaria e il Nagual la realtà separata o non ordinaraia, che per entrarci in contatto secondo don Juan, lo stregone, il guaritore o lo sciamano deve usare il "II anello del potere" che è detto anche l'anello del non fare. Quindi il non fare è visto come il potente mezzo attraverso il quale si apre il cammino verso la realtà sconosciuta fino ad allora. Castaneda dagli insegnamenti del suo maestro Don Juan afferma che la percezione che le persone hanno della loro vita, di se e del mondo è condizionata dal loro vissuto, dall' esperienza di sé stessi, ovvero il modo in cui ci si è descritti e raccontati. L'accesso al mondo non ordinario o al Nagual è la via per liberarsi dall'incantesimo dell'ego che vuole definire la realtà solo secondo la sua prospettiva. Questo accade nello stato di trance. La discesa nel mondo inferiore conduce lo sciamano giù per un tunnel o tubo fino ad un uscita che si apre su paesaggi splendidi e luminosi. Viaggia per minuti o ore e poi torna indietro ripercorrendo il tunnel per riemergere.
Nello SSC lo sciamano impara anche a trasformarsi in un'altra sostanza perché a volte nell'attraversare il tunnel si può rimanere incastrati.
E' definito così, il gran maestro dell'estasi, così Mircea Eliade in sintesi incornicia lo sciamano. E' un uomo che ha una vita religiosa intensa , intesa come spiritualità, predilige la vita solitaria e ritirata.
Durante l'esperienza della trance lo sciamano esce dal suo corpo ed entra in una realtà non ordinaria, questo non significa affatto che viene posseduto da spiriti o dagli dei ma entra in contatto non solo con mondi sovrannaturali ma anche con i suoi animali e spiriti guida che lo aiuteranno a ritrovare l'anima persa di una persona malata o soluzioni a situazioni da risolvere sia per se stessi sia per la comunità
LA CHIAMATA SCIAMANICA
La chiamata sciamanica è imperativa, si manifesta in modi diversi a seconda delle culture di riferimento o delle tribù. La vocazione sciamanica avviene per diretta decisione degli dei o spiriti o con segni più manifesti come per esempio l'insorgere di una malattia che può essere più o meno patogena per esempio l'epilessia. Spesso secondo alcune culture si accede alla condizione di sciamano per trasmissione ereditaria o anche per vocazione spontanea, anche se quest'ultimi sono considerati meno potenti. A seconda della cultura di riferimento varia il tipo di chiamata sciamanica o la trasmissione dei poteri sciamanici, per esempio:
-Presso i Vonguli lo sciamanesimo viene tramandato per generazioni e si trasmette anche per linea femminile. Il futuro sciamano si distingue già in età adolescenziale che appare un giovane nervoso, spesso soggetto ad attacchi epilettici, interpretati dal popolo come l'incontro con gli dei. Molto simile presso i buriati e gli altaici che seguono la trasmissione per linea paterna e materna.
-Presso gli Ostyaki l'essere sciamano non si impara, è visto come un dono del cielo, lo si diventa nascendo.
- presso i Samoiedi lo sciamano è a carattere ereditario e viene fatto un particolare rituale. Alla morte del padre il figlio scolpisce in legno la mano di suo padre e tramite questo manufatto si fa trasmettere i poteri. Dovrà poi essere accettato dagli spiriti e da essi confermato".
Presso i Samoiedi Yurak invece sin dalla nascita i bambini che nascono con la camicia saranno destinati a divenire sciamani e qualora abbiano la camicia solo sulla testa saranno sciamani minori. Durante l'adolescenza il futuro sciamano inizierà ad avere delle visioni, emetterà particolari canti durante il sonno e farà lunghe passeggiate solitarie e sarà poi istruito da un vecchio sciamano.
Dopo aver ricevuto la chiamata il candidato si prepara a ricevere una doppia istruzione ossia un apprendistato con uno sciamano più anziano che insieme al popolo contribuisce alla formazione di un uomo nuovo.
Abbiamo due tipi di istruzione:
- una di tipo estatico dove avviene il trance, i sogni, le visioni degli spiriti guida e le ascensioni
- istruzione di ordine tradizionale dove lo sciamano più anziano insegna tecniche sciamaniche e il linguaggio segreto.
Il cammino dello sciamano è lungo e complesso dopo essere stato istruito deve affrontare faticose prove iniziatiche. Nella nostra cultura occidentale ci si pone in un ottica di scetticismo nell' ipotizzare che una persona possa ricevere una chiamata o più comunemente una vocazione o avere un esperienza estatica e divenire poi uno sciamano. Tanti autori tra cui antropologi, psicologi e sociologi si sono dedicati allo studio dello sciamanismo ma tanti altri in un ottica scettica hanno tentato di dare un accezione psicopatologica a questo fenomeno. A.Ohlmarks sostenne che le condizioni climatiche delle popolazioni artiche come il freddo eccessivo, le lunghe notti e di conseguenza le poche ore di giorno insieme alla solitudine dei popoli artici con la mancanza di vitamine necessarie al una vita sana avrebbero agito sulla costituzione nervosa dell'individuo. Ipotizzò che tutti questi fattori avrebbero potuto provocare la trance sciamanica e malattie mentali. La differenza tra una persona affetta da patologia per esempio da una forma epilettoide e uno sciamano è che il primo non può realizzare la trance sciamanica volontaria. Il candidato sciamano viene iniziato, lo schema tradizionale di questa cerimonia parte dalla passione alla morte e alla resurrezione del candidato sciamano. La morte simbolica del candidato permette l'accesso alla costituzione del nuovo uomo destrutturato, che abbandona le sue vecchie strutture e si libera dalla sua percezione illusoria del mondo e di se stesso.
L'ESPERIENZA ESTATICA
L'estasi è l'esperienza concreta della morte rituale e per realizzare tutto questo lo sciamano utilizza vari mezzi come ad esempio le sostanze psicotrope come Ayhauasca, Mescalito, Ibogaina o Yerba del Diablo per facilitare la connessione con se stessi e per aumentare la propria consapevolezza. Lo stesso Micheal Harner racconta il suo viaggio estatico fatto presso la tribu dei Conibo, raccontando che dopo l'assunzione della ayahauasca ha iniziato a poco a poco a non sentisi il corpo fino ad abbandonarsi a se stesso giacendo su un giaciglio di paglia. Narra che gli facevano bere l'acqua di tabacco che amplificava e garantiva l'uso prolungato della sostanza. L'autore racconta non solo di sensazioni ma anche di aver visto mondi meravigliosi e talvolta scomodi che gli creavano paura e disagio. Queste sostanze hanno il compito di alterare la percezione umana e favorire l'accesso alla realtà non ordinaria. L'uso appropriato e professionale delle "piante sacre" hanno un gran beneficio nella pratica per lo sviluppo della consapevolezza e nel processo conoscitivo di sé . Soffron Zateiev sciamano Yakuta, afferma che abitualmente il futuro sciamano muore e resta disteso per tre giorni nella sua yurta (tenda tipica) senza mangiare ne bere.
LO SMEMBRAMENTO DEL CORPO
Durante l'iniziazione sciamanica insieme all'esperienza estatica avviene la pratica dello smembramento del corpo dello sciamano che sta a simboleggiare la distruzione dell'uomo vecchio e la nascita dell'uomo nuovo: il futuro sciamano. La pratica di smembramento cambia a seconda della cultura di riferimento e nei loro rituali infatti, Garlvil Alekseiev ,yakuta, racconta che ogni sciamano ha un uccello rapace che appare due volte nella vita dello sciamano alla nascita e alla sua morte. Questo uccello è un grosso rapace con il becco di ferro, artigli adunchi e una lunga coda, si impadronisce dell'anima dello sciamano e la porta all'inferno e la fa maturare su un ramo di abete. Quando l'anima è maturata l'uccello taglia a pezzi il corpo e la distribuisce tra spiriti malvagi e malattie e morte. I pezzi del corpo vengono divorati. Infine l'uccello ricompone il corpo del candidato che si sveglierà poi come dopo un grande sonno. L'albero di abete ha un gran significato, in quanto alcune leggende narrano che i più grandi sciamani si trovano sui rami più alti, i medi a metà e i minori nella parte inferiore. Secondo Piotr Ivanov invece racconta che le membra del candidato sciamano vengono staccate e e separate mediante un uncino di ferro. Non sempre vengono usate sostanze psicoattive, spesso per accedere alla coscienza non ordinaria alcuni sciamani usano il suono del tamburo o dei sonagli che sono in grado al pari delle sostanze prima citate di indurre uno stato di trance. Addirittura gli sciamani più esperti riescono ad accedere allo stato di trance solo sentendo il minimo tintinnio dei sonagli. Inizialmente il suono del tamburo è monotono è regolare insieme ai sonagli è stato un segno associato con il tempo allo SSC . quindi per uno sciamano esperto anche un leggero tintinnio dei sonagli sciamanici o di un piccolo rullio di tamburo, e sufficiente per entrare in una trance leggera. Nella quale si svolge la maggior parte del lavoro sciamanico. Una ricerca prodotta da Neher ha dimostrato che il rullio del tamburo produce cambiamenti nel sistema nervoso centrale. La stimolazione ritmica influenza l'attività elettrica di molti centri sensori e notori del cervello che non sono normalmente influenzati attraverso la loro connessione con l'area sensoria stimolata *Neher 1962 p 153.Il suono del tamburo contiene basse frequenze e questo significa che una maggior enegia può essere trasmessa al cervello più da un colpo di tamburo che da un impulso sonoro di alta frequenza, Lo sciamano quindi intraprende il suo viaggio estatico e vagherà tra mondi a lui conosciuti e sconosciuti e andrà alla ricerca di se stesso, incontrerà i suoi animali e spiriti guida che lo supporteranno e lo guideranno nei loro viaggi celesti o nelle loro ascensioni celesti. Non saranno altro che una sorta di alter ego. Questo è solo l'inizio del cammino sciamanico in quanto il futuro sciamano ha davanti ha se un cammino lungo e tortuoso. Intraprenderà una lunga formazione e un apprendistato con vecchi sciamani che avranno il compito di guidarli nell'apprendimento delle tecniche sciamaniche. Il futuro sciamano imparerà tecniche mistiche e assimilerà la tradizione mitologica e della tribù. Lo sciamano ha un carattere e una personalità, durante il suo cammino non solo ha esplorato le sue tenebre e tutto quello che lo teneva imprigionato dentro di se, ha imparato la danza dei suoi animali e spiriti guida, che lui richiamerà cosi ogni volta che ne avrà bisogno, ha costruito il suo costume che non è solo un vestito ma ciò che rappresenta la sua identità e i suoi poteri, permette una conoscenza delle sue tecniche sciamaniche e conserva una presenza sacra e simboli cosmici.
IL COSTUME SCIAMANICO E I SUOI STRUMENTI
Ogni cultura sceglie il suo costume in inverno per esempio lo sciamano altaico indossa il costume sopra una camicia e direttamente sul corpo nudo in estate. I Tungusi si tengono invece alla seconda usanza sia in estate che in inverno. Il costume rappresenta da una parte un sistema simbolico quasi completo come se fosse un "biglietto da visita" di quella persona e delle sue tecniche, dall'altra è impregnata, di consacrazione, di forze spirituali multiple e in primo luogo di «spiriti». Il semplice fatto di indossarlo, o di maneggiare gli strumenti che ne tengono il luogo, lo sciamano trascende lo spazio profano e si prepara ad entrare in contatto col mondo spirituale. In genere, questa preparazione costituisce già una introduzione concreta in tale mondo: infatti il costume lo si indossa dopo vari preparativi e proprio alla vigilia della trance sciamanica. Quando è consunto, lo si lascia appeso ad un albero nella foresta; allora gli «spiriti» lo abbandonano e vanno a legarsi ad un nuovo costume. Presso i Tungusi sedentari, dopo la morte dello sciamano il suo costume viene conservato nella sua abitazione: gli «spiriti» che l'impregnano danno segno della loro presenza facendolo vibrare, muovere. I Tungusi nomadi, e con essi la gran parte delle tribù siberiane, depongono il costume presso la tomba dello sciamano (Shirokogorov; Harva). In vari luoghi si pensa che il costume diviene impuro se, dopo esser servito nella cura di un malato, accade che questi tuttavia muoia. Lo stesso vale per i tamburi che si siano dimostrati incapaci di produrre la guarigione (Kai Donner). Le sedute sciamaniche han luogo di notte, quasi sempre nell'abitazione del malato. Il carattere rituale della cura è ben visibile: lo sciamano e il malato son tenuti ad osservare un certo numero di interdizioni (evitano le donne incinte o in periodo di mestruazione, ed in generale ogni sorgente d'impurità; non si accostano ad alimenti salati; lo sciamano procede a purificazioni radicali utilizzando vomitivi, ecc.). Talvolta la stessa famiglia del paziente deve praticare il digiuno e la continenza sessuale. Quanto allo sciamano, egli fa un bagno all'aurora e al crepuscolo e si dà a meditazioni e a preghiere. Poiché le sedute son pubbliche, esse creano una certa tensione religiosa in tutta la comunità e, nel caso in cui non esistono altre cerimonie religiose, le guarigioni sciamaniche vanno a costituire il rituale per eccellenza. L'invito fatto da un membro della famiglia allo sciamano e la determinazione dell'onorario hanno essi stessi un carattere rituale (Park). Se lo sciamano chiede un prezzo troppo elevato, o se non chiede nulla, cade ammalato. Del resto, non è lui ma il suo «potere» a fissare gli onorari della cura. Solo la sua famiglia ha diritto ad una cura gratuita.
SCIAMANESIMO E PSICOTERAPIA
Come ho scritto nel capitolo precedente, lo sciamano diventa tale dopo aver ricevuto una chiamata o una vocazione, questo accade nello sciamanesimo per mezzo degli dei e degli spiriti, il futuro psicoterapeuta ovviamente non riceve una chiamata ma in realtà compie una scelta vera e propria non solo di formazione ma anche di filosofia di vita. Mi è stato insegnato che la Gestalt non è solo un percorso "scolastico" che forma psicoterapeuti ma è soprattutto un valore aggiunto che servirà anche nella vita personale del terapeuta. Per cultura e credenze lo psicoterapeuta e lo sciamano sono diversi ma entrambi ricevono una sorta di iniziazione. Lo smembramento del corpo dello sciamano che non è altro che una morte e resurrezione simbolica possibile grazie allo stato di trance in cui si immerge il candidato sciamano per poi far rinascere un uomo nuovo. Questa pratica mi fa pensare alla destrutturazione dell'io che avviene necessariamente in un percorso di formazione psicoterapeutica . Non è semplice entrare in contatto con una realtà nuova che presuppone un contatto con se stessi, centratura, e consapevolezze che all'inizio della formazione non si hanno. La destrutturazione dei neo terapeuti avviene con metodi diversi dall'assunzione di sostanze psicotrope, bensì con il lavoro di terapia personale individuale, o di gruppo, con il body work e praticando meditazioni solitarie o in gruppo. Come lo sciamano anche lo psicoterapeuta riceve un istruzione di almeno quattro anni di cui i primi due sono dedicati alla conoscenza profonda di se, gli altri due sono orientati maggiormente all'acquisizione di tecniche di lavoro ma sottendono sempre un lavoro su se stessi. I lavori di gruppo che si svolgono durante il primo e secondo anno di scuola di psicoterapia portano il futuro terapeuta alla conoscenza di sé e ad un acquisizione della propria consapevolezza sempre maggiore. Durante il primo anno di formazione noi neofiti partecipiamo ad un intensivo di psicoterapia di 10 giorni, ove dopo esserci scelti un terapeuta personale che ci offre terapia per un ora al giorno, mediante lavori di gruppo e nel gruppo andiamo a districarci la nostra anima. Esploriamo le nostre luci e le nostre ombre, i nostri demoni immergendoci sempre di più , gradualmente e secondo i nostri tempi sempre più a fondo, andando a toccare quei punti che rendono rigido il nostro ego e che in realtà ci provocano le nostre ordinarie nevrosi. Questi 10 giorni intensi mi sento di paragonarli ad uno smembramento simbolico della nostra persona, la rinascita è graduale e in continua evoluzione nel corso della nostra vita. E' una vera iniziazione a se stessi o meglio alla conoscenza di se stessi. Si esplora il dolore, la sofferenza, la gioia, è un lungo e faticoso viaggio all'interno del proprio mondo che non è sempre scorrevole, si imbatte spesso in resistenze e paure .
Tutti e 4 gli anni di formazioni sono paragonabili in realtà ad uno "smembramento" ogni anno diverso e con la possibilità di spingersi sempre un po' più oltre.
Come lo sciamano anche lo psicoterapeuta riceve una sorta di "iniziazione"
Viene addestrato alla conoscenza di se e a rapportarsi con il suo paziente , questo avviene mediante psicoterapeuti che insegnano diverse abilita e tecniche. Una differenza sostanziale che mi sento di puntualizzare è la responsabilità salvifica che ha lo sciamano di guarire le anime delle persone, contrapposta all'operato dello psicoterapeuta di portare il paziente verso il cambiamento lasciando a lui la responsabilità di procedere o arrestarsi al cambiamento.
Lo psicoterapeuta impara durante il suo apprendistato la sospensione del giudizio detta epochè, importante per sviluppare un amore incondizionato nell'accettare il paziente così com'è senza pretendere nulla da lui, dando cosi valore a suo vissuto e alla sua storia. Si impara ad essere empatici senza farsi invadere dal dolore dell'altro, l'accoglienza, l'ascolto e il sentire cosa accade nell'altro. Un altro punto di contatto è la concezione della malattia, lo sciamano crede che l'uomo malato è un uomo che ha perso la sua anima, e discende così in mondi oscuri alla sua ricerca per poi reintegrarla nella persona malata. In Psicoterapia della Gestalt si va oltre il sintomo che la malattia psichiatrica presenta, insieme al paziente il terapeuta funge da guida nel tortuoso cammino del cliente, conoscendo le origini e le funzioni che la patologia psichiatrica ha per il paziente.
Lo psicoterapeuta lavora nel suo setting organizzato nel suo studio con sedie comode o poltrone , tappeti e cuscini il tutto per rendere l'ambiente accogliente e caldo. Qui il terapeuta lavorerà oltre che con le sue tecniche come la sedia calda e la drammatizzazione per esempio, mettedosi in gioco e sporcandosi le mani con le emozioni del paziente, formando un campo che non è alttro che una realta fatta da un NOI terapeutico. Il paziente puo approfittare di questa realtà per attuare un primo passo per il cambiamento. Lo sciamano anche ha il suo luogo e e sue regole dove lavora e dove fa i suoi rituali. Mi viene da poter fare una similitudine anche se ampia con il costume dello sciamano e per esempio lo stile personale del terapeuta. Il costume dello sciamano come dicevamo nel precedente capitolo è una rappresentazioni di chi è cosa fa e di come svolge il suo lavoro oltre a rappresentare la sua realtà. Ogni psicoterapeuta ha ricevuto un istruzione e ha poi personalizzato i suo modo di lavorare con l'atro, affinato il modo di sentire le sue emozioni e di lavorare in seduta. L'istruzione allo sciamano viene impartita da vecchi maestri, lo psicoterapeuta dopo i primi due anni di lavoro su se stesso con la terapia personale passa ad un lavoro di supervisione. Ha la possibilità e l'etica di lavorare con psicoterapeuti più esperti che aiutano a sciogliere blocchi e nodi che emergono con il lavoro con i loro pazienti. Il lavoro dello psicoterapeuta presuppone un gran contatto con se stessi che permette di mettersi in una posizione di ascolto attivo con il paziente. La relazione terapeutica implica che il terapeuta possa sentire le emozioni dell'altro e rimandarle in uno spazio tra lui e l'altro. Spesso alcune tematiche portate dai pazienti come la morte per esempio, potrebbe portare scompiglio nella vita del terapeuta , ecco perché la destrutturazione, la terapia personale o di gruppo e la supervisione sono tappe importanti per la nascita di un "uomo nuovo" ossia uno psicoterapeuta. Ho chiamato lo psicoterputa un uomo nuovo perche è un uomo che è passato attraverso le sue sofferenze, le sue paure e ha acquisito il potere della conoscenza di se stesso. Più il terapeuta lavora su se stesso più è capace di creare connessione con l'altro abbattendo muri blocchi e paure che gli appartengono.
Il cammino del terapeuta e dello sciamano sono diversi per il modo in cui avviene per i diversi mezzi usati ma il principio che li unisce è la conoscenza di entrambi delle loro realtà non ordinarie nonché la loro esplorazione del loro mondo interno. Terapeuta e sciamano entrano in contatto con l'altro con la loro umanità e con le loro capacita di connessione con l'altro entrambi sono dei medicine men con stili e metodologie diverse.
Concludo con un epigrafe che definisce un "Medicine-Men:
Non sono un ubriaco, ma neppure un santo.Un medicine-man non deve essere un 'santo'... Deve poter cadere in basso quanto un pidocchio ed elevarsi come un'aquila... Deve essere dio e diavolo insieme. Essere un buon medicine-man significa trovarsi nel mezzo di una tormenta e non mettersi al riparo. Significa sperimentare la vita in tutte le sue espressioni. Significa fare il pazzo ogni tanto. Anche questo è sacro."
CAPRIOLO ZOPPO
Stregone della tribù Lakota
Dott.ssa Bartollino Nicoletta Emola
Percorso avventura attraverso i boschi
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